Gianni Diecidue è nato a Castelvetrano (1922). Ha pubblicato:
“Le ceneri della luna ”, Procellaria, Reggio Calabria, 1964; “Una stagione d'amore ” (con Certa e Scammacca), Celebes, Trapani. 1970; “Le antinomie ”, Mazzotta, Castelvetrano, 1981; “Poemi ”, Mazzotta, Castelvetrano, 1985; “Correspondance”, Mazzotta, Castelvetrano, 198; “Poesie Illogiche ”, Mazzotta, Castelvetrano, 1994.
Per il teatro ha scritto: “I triangoli ”, Impegno '70, 1994; “Federico III detto il semplice ”, Mazara, 1982; “Teatro Minimo ”, Alcamo, 1998.
Saggi di storia e tradizioni popolari: “Le ceneri della luna ”, Procellaria, Reggio Calabria, 1964; “Una stagione d'amore ” (con Certa e Scammacca), Celebes, Trapani. 1970; “Le antinomie ”, Mazzotta, Castelvetrano, 1981; “Poemi ”, Mazzotta, Castelvetrano, 1985; “Correspondance”, Mazzotta, Castelvetrano, 198; “Poesie Illogiche ”, Mazzotta, Castelvetrano, 1994.
Per il teatro ha scritto: “I triangoli ”, Impegno '70, 1994; “Federico III detto il semplice ”, Mazara, 1982; “Teatro Minimo ”, Alcamo, 1998.
“Considerazioni sul Medioevo ”, Palermo, 1954; “I Consigli Civici a Castelvetrano nel '500-'700 ”, in A.S.S., Palermo, 1967 e in Economia e Storia, Milano, 1968; “Gabelle e gabelloti nel 1600 ”, Mazzotta, Castelvetrano. 1993; “Chiesa e Stato a Castelvetrano nel '700”, Mazzotta, Castelvetrano, 1993; “Seicento Castelvetranese ”, Biblioteca di Mazara, 1996; “L'antico carnevale di Castelvetrano ”, Mazzotta; Castelvetrano, 1995; “Giuseppe Marco Calvino: Poesie Scherzevoli ” (saggio introduttivo e traduzione in lingua), Mazzotta. Castelvetrano, l992.
POESIE
(Da: “Antigruppo 73”)
Ai poeti sparsi del sud
Levare
più fragore di mare contro scogli acuti
parole aspre e selvagge
o poeti sparsi del sud.
Accendere zolfi
dentro dolenti cantilene.
Come rondini peregrine
non temono distese di deserti e d'acque,
tornate al porto di cielo delle piazze
dove piangono chiuse ombre
amaro sale della terra.
Tornate ai cammini noti
agli incubi della miseria,
al denso strato
d'un dolore antico,
o poeti cacciati dal sud.
I cani randagi
prendono pedate su costole e natiche
a guadagno d'un osso pulito
e le vie inghiottono perduti e offesi.
Ma voi, poeti staccati dal cuore del sud,
tornate sulle ruote lente dei carri
nel fluire stanco delle nenie
che il sole caduto
ai cipressi domanda
del bianco cimitero.
Sicilia Madre Contadina
Sicilia madre contadina
al germoglio che cresce di nuova vita
ragiona l'ipotesi del naufragio
La valle del Belice consuma la polvere stradale
Arsura d'estate creatura contadina
quaglia sudore della fronte e la pozza di Avola
Amore comporta implicazioni psicologiche
Sono nato a marzo col ritorno
delle rondini per migrare tutte le stagioni
Non nego altrove ma qui
tra tanti volti conosco il mio
Sicilia nome di mandorla amara
rovine sono architettura paesaggio
fossile il tempo che aspetta
di essere catalogato
Sono venuto su con la piena
dove galleggiano tralci e rami secchi
Dopo il grido generale la ruggine
minaccia le rotaie Opinioni a congresso
Esportazione braccia lavoro
per strutture capitalistiche
Mafia e politica Denti di lupo tirano
cordoni ombelicali
Sono invecchiato senza memoria
Sicilia radice contadina
Come attore d'una parodia
sento l'astratto desiderio
di vivere la parte
(Da: “Correspondance”, 1988)
A nessuno dedico il mio paese
A nessuno dedico il mio paese
mura di pietre e calcina
tegole rosse muffa di pena
abbraccio di colline annida
fiume trazzere ruote di vasai
più lontano a cerchio di sole
fa eco mare e azzurro.
A nessuno dedico il mio paese
i ragazzi dei capri il giorno
del Battista che c'è la fiera
hanno sentito odore di pianura
aranceti le fanciulle in amore
ma la vita è uguale che selcia
dolore le strade stinte le porte.
A nessuno dedico il mio paese
facce scolate mani cretose
il reuma che mangia le ossa
hanno i vasai e le ruote girano
sempre allo stesso verso
uguale la vita seppure il mondo
cambia nella rosa dei venti.
A nessuno dedico il mio paese
scordare macchie adiaccio
nebbie che cancellano orizzonti
e la pianura confida malia
d'orti terre diverse giornatieri
che riposano la domenica e vigne
a spalliera i padri ammazzati
scarica la lupara sempre un giudizio
aspettano sempre nella memoria
a me le donne vestono di nero
il requie si canta la domenica
e il giorno del Battista che c'è la fiera.
Proprio a nessuno dedico il mio paese.
Amore di Mediterraneo
Aprile ha questo tepore
cominciato tra ulivi
fantasia di gente
amore di Mediterraneo
un canzoniere riletto
su tracce e memoria
alle madri dai sogni zoppini
che balestra fuoco bizantino.
Mediterraneo mare corsaro
e d'Odisseo la vela latina
tiene rotta crociata a levante
oro vangelio e San Marco
l'avara compagna genoana
ronzano Dio lo vuole
nel canto gregoriano
in retorica d'Accademia.
Orsa Maggiore e Nilo
sciaborda tartana ragusea.
Amore di rondini
e costa Mediterraneo
ragazzi furiano
puledri e tori
a traguardo di arena
per follia di Filippo
il giorno dell'autodafè
luna d'Alhambra e marmo
vicoli muffiti della Kalsa
Sahara d'esilio e dune
sente il silenzio.
Mediterraneo mare d'imperi
pianeta di religioni e scienza
un questionario inutile
regola morte mercato d'infinito
su questa superficie sodisfatta
del transito di primavere e storia.
Mediterraneo mare semita
e di scirocco alla radura
d'un massacro corvi in ritorno
beccano ossa di paesi
colline a gibbo fanciulle
cui rose rosse scollano petali.
Amore di Hamdîs
e canzone solare in questo tepore
d'aprile cominciato
tra la pace dei fiumi
orti sivigliani
montanari d'Anatolia
amore di Mediterraneo.
(Da: “ le antinomie”, 1981)
Tre Liriche Per Madeleine
(I)
Il tuo corpo di gazzella
danza con spire d’arcano profumo
nelle ferite della notte,
Madeleine.
Le tue mani fanno giuochi
di bimbi crudeli
con i capelli brizzolati,
ma la mia anima, Madeleine,
anela i monti scoperti della luna.
Madeleine, il tuo nome segreto
trascina cavalli stanchi,
Madeleine, dalle corse battute nel tempo
ad assalire fiumi di torbide lontananze.
(II)
Madeleine, sulle tue cosce
tinte di sole caduto
cresce un sole di riso vagabondo
aspettato dietro le porte
chiuse della notte.
Aspettato, Madeleine, aspettato
in una fuga di pensieri inquietati
dalla lenta agonia del giorno.
Madeleine,
Madeleine,
Madeleine,
sappi mentire i frammenti di piacere
sparsi sotto le galassie dell'amore
che non si compra
perchè è solo come il morire.
Madeleine.
(III)
È mio il ricordo d'un cielo di vetro
sopra le ansie nude delle danze,
Madeleine.
È mia la stagione che non porta
fiori alle acque polverose della Senna
ma ardori di sabbie salate,
Madeleine.
Madeleine, non toccarmi con parole luminose
che scavano solchi profondi
nel cuoio della memoria,
Madeleine, la Coupole ha il suo cielo di vetro
e le sue cocottes che bevono rhum
per barattare la sorte dell'amore.
Noi abbiamo ansie compagne delle danze
che non mutano i ritmi della vita, Madeleine,
i ritmi stonati della vita.
Quando verrà una generazione nuova
Quando verrà una generazione nuova
che sappia cosa fare della vita
bisogno non ci sarà di guardare la tristezza
appesa ad un muro bianco.
Quando verrà una generazione sincera
che avanzi senza odio
senza vendetta
non si parlerà di speranze tradite
a lacerare questa immagine dell'uomo
come volta di cielo sgomentano
campane a martello.
Se ci sarà una generazione non sconfitta
che abbia armata di remi la coscienza
cesseremo di allineare tombe sui paralleli
dell'est e dell'ovest.
Quelli che ci amarono e gli altri
gli altri che non conoscemmo
in pace li troveremo vicino casa.
Se ci sarà una generazione pacifica
che felice sia per ciò che deve essere
sembrerà assurda la morte
avventata
sulla via del perdono.
Se ci sarà una generazione
come quella che dico
questo tempo di piombo
il dolore che riposa sulla pietra
un segno lontano e indecifrabile
tra gli ulivi luminosi di sole
e l'amore disteso sul verde.
(Da:”Poemi”, 1999)
Poema assurdo dell’amore inattuale
Tempo di luglio correva
conosco luglio dal colore del mare
lo spacco delle gonne
gusto di gelato al limone
Amore questo nome posso darti.
amore per tracciare linee
d'un poema assurdo.
Il crepuscolo cedeva il soffitto
alle stelle la luna schiariva
obliose superfici.
Romanticismo che non rimpiango
adoro soli arsi
piacere di notte nuda.
Ti gettai le braccia al collo
felice di leggere l'assenso
in riflessi di luce che penso
cristalli di rocce.
In quell'albergo ci venisti
per gioia per gioco forse
a rinnovare il tema
dell'amore inattuale.
Tracce d'un poema assurdo
capelli bianchi estraniato
sono il dubbio del non senso
di contro giovinezza del corpo
il tuo respiro trapunto
di suoni astratti nel silenzio.
Ci venisti perché dimentichi
girotondo di navi spaziali
meccanismi d'una scienza impura
questa età in bilico tra ansie e fine
nella decadenza
Itinerario d’ironia burla
dolore tragico dell'attore
battuta stonata del personaggio.
Nelle occasioni raccolsi miele
dei baci le bacche del seno
un desiderio disteso sul corpo
di pesca vellutina.
Se devo chiamarti ancora amore
sei felicità immaginata
questa camera disanimata
il rosario della bocca
le bacche del seno orgasmo
dipanano sussulti di gioia
e timore del giorno che si fa chiaro
pensieri che turbinano nelle strade.
Avevo un canto nel fremito
che non si libera dalla fretta
di dirti t'amo dal rancore
di scialbo mattino.
Come Io squarciagola dei beoni
straripa in un'osteria
canti rivoluzionari e bestemmie
fumo di sigari e sudore.
Voglia avevo di fare ancora
l'amore sentire umore di vulva
rimescolando le carte
d'una giovinezza antica
ripercorsa in vicoli abbuiati
un giro per i bordelli
nel tentativo che si riveli
in mezzo a tanto malagurio.
Dico dove può crescere
un albero una parola
una dimeticanza?
Trovai nelle occasioni
questa tua giovinezza reale
sparire alla prima svolta
e t’amai pure se ripeti
che andrai via domani
quando mi ronda il silenzio
e manchi all'appuntamento dei treni.
Non so cosa scrivere ora
i cavalli bardati consegnano
menzogne si corre il palio
all'avemaria.
Devo finire il poema assurdo
prima che l'alba s’accosti alla serranda.
T'amai così nel sospetto del limite
d'una pace in corrosione
anche quando raccapezzo
sciolte primavere nelle corolle
vento d’autunno in bizzarria.
La pelle bruna
i titilli sesso calura
l'incostanza annodo con spilli
e sensi sullo spartito
non troppo allegro.
Te n’andrai un giorno dicesti
di restare non c'è ragione
che la vita ti cresce nel vento
impollinato di primavera
aria di bosco e cicalio.
Ti pregai di prepararmi al distacco
che della noia non m'accorga
nel temporale di settembre
nel tremito d'ottobre.
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