venerdì 1 gennaio 2010

Gianni Diecidue

 Gianni Diecidue è nato a Castelvetrano (1922). Ha pubblicato:
“Le ceneri della luna ”, Procellaria, Reggio Calabria, 1964; “Una stagione d'amore ” (con Certa e Scammacca), Celebes, Trapani. 1970; “Le antinomie ”, Mazzotta, Castelvetrano, 1981; “Poemi ”, Mazzotta, Castelvetrano, 1985; “Correspondance”, Mazzotta, Castelvetrano, 198; “Poesie Illogiche ”, Mazzotta, Castelvetrano, 1994.
Per il teatro ha scritto:
“I triangoli ”, Impegno '70, 1994; “Federico III detto il semplice ”, Mazara, 1982; “Teatro Minimo ”, Alcamo, 1998.
Saggi di storia e tradizioni popolari:
“Considerazioni sul Medioevo ”, Palermo, 1954; “I Consigli Civici a Castelvetrano nel '500-'700 ”, in A.S.S., Palermo, 1967 e in Economia e Storia, Milano, 1968; “Gabelle e gabelloti nel 1600 ”, Mazzotta, Castelvetrano. 1993; “Chiesa e Stato a Castelvetrano nel '700”, Mazzotta, Castelvetrano, 1993; “Seicento Castelvetranese ”, Biblioteca di Mazara, 1996; “L'antico carnevale di Castelvetrano ”, Mazzotta; Castelvetrano, 1995; “Giuseppe Marco Calvino: Poesie Scherzevoli ” (saggio introduttivo e traduzione in lingua), Mazzotta. Castelvetrano, l992.

POESIE
(Da: “Antigruppo 73”)

Ai poeti sparsi del sud

Levare

più fragore di mare contro scogli acuti

parole aspre e selvagge

o poeti sparsi del sud.

Accendere zolfi

dentro dolenti cantilene.

Come rondini peregrine

non temono distese di deserti e d'acque,

tornate al porto di cielo delle piazze

dove piangono chiuse ombre

amaro sale della terra.

Tornate ai cammini noti

agli incubi della miseria,

al denso strato

d'un dolore antico,

o poeti cacciati dal sud.

I cani randagi

prendono pedate su costole e natiche

a guadagno d'un osso pulito

e le vie inghiottono perduti e offesi.

Ma voi, poeti staccati dal cuore del sud,

tornate sulle ruote lente dei carri

nel fluire stanco delle nenie

che il sole caduto

ai cipressi domanda

del bianco cimitero.



Sicilia Madre Contadina

Sicilia madre contadina

al germoglio che cresce di nuova vita

ragiona l'ipotesi del naufragio

La valle del Belice consuma la polvere stradale

Arsura d'estate creatura contadina

quaglia sudore della fronte e la pozza di Avola

Amore comporta implicazioni psicologiche



Sono nato a marzo col ritorno

delle rondini per migrare tutte le stagioni

Non nego altrove ma qui

tra tanti volti conosco il mio



Sicilia nome di mandorla amara

rovine sono architettura paesaggio

fossile il tempo che aspetta

di essere catalogato



Sono venuto su con la piena

dove galleggiano tralci e rami secchi



Dopo il grido generale la ruggine

minaccia le rotaie Opinioni a congresso

Esportazione braccia lavoro

per strutture capitalistiche

Mafia e politica Denti di lupo tirano

cordoni ombelicali



Sono invecchiato senza memoria

Sicilia radice contadina

Come attore d'una parodia

sento l'astratto desiderio

di vivere la parte



(Da: “Correspondance”, 1988)
A nessuno dedico il mio paese

A nessuno dedico il mio paese

mura di pietre e calcina

tegole rosse muffa di pena

abbraccio di colline annida

fiume trazzere ruote di vasai

più lontano a cerchio di sole

fa eco mare e azzurro.

A nessuno dedico il mio paese

i ragazzi dei capri il giorno

del Battista che c'è la fiera

hanno sentito odore di pianura

aranceti le fanciulle in amore

ma la vita è uguale che selcia

dolore le strade stinte le porte.

A nessuno dedico il mio paese

facce scolate mani cretose

il reuma che mangia le ossa

hanno i vasai e le ruote girano

sempre allo stesso verso

uguale la vita seppure il mondo

cambia nella rosa dei venti.

A nessuno dedico il mio paese

scordare macchie adiaccio

nebbie che cancellano orizzonti

e la pianura confida malia

d'orti terre diverse giornatieri

che riposano la domenica e vigne

a spalliera i padri ammazzati

scarica la lupara sempre un giudizio

aspettano sempre nella memoria

a me le donne vestono di nero

il requie si canta la domenica

e il giorno del Battista che c'è la fiera.

Proprio a nessuno dedico il mio paese.







Amore di Mediterraneo





Aprile ha questo tepore

cominciato tra ulivi

fantasia di gente

amore di Mediterraneo

un canzoniere riletto

su tracce e memoria

alle madri dai sogni zoppini

che balestra fuoco bizantino.

Mediterraneo mare corsaro

e d'Odisseo la vela latina

tiene rotta crociata a levante

oro vangelio e San Marco

l'avara compagna genoana

ronzano Dio lo vuole

nel canto gregoriano

in retorica d'Accademia.

Orsa Maggiore e Nilo

sciaborda tartana ragusea.

Amore di rondini

e costa Mediterraneo

ragazzi furiano

puledri e tori

a traguardo di arena

per follia di Filippo

il giorno dell'autodafè

luna d'Alhambra e marmo

vicoli muffiti della Kalsa

Sahara d'esilio e dune

sente il silenzio.

Mediterraneo mare d'imperi

pianeta di religioni e scienza

un questionario inutile

regola morte mercato d'infinito

su questa superficie sodisfatta

del transito di primavere e storia.

Mediterraneo mare semita

e di scirocco alla radura

d'un massacro corvi in ritorno

beccano ossa di paesi

colline a gibbo fanciulle

cui rose rosse scollano petali.

Amore di Hamdîs

e canzone solare in questo tepore

d'aprile cominciato

tra la pace dei fiumi

orti sivigliani

montanari d'Anatolia

amore di Mediterraneo.



(Da: “ le antinomie”, 1981)

Tre Liriche Per Madeleine

(I)


Il tuo corpo di gazzella

danza con spire d’arcano profumo

nelle ferite della notte,

Madeleine.

Le tue mani fanno giuochi

di bimbi crudeli

con i capelli brizzolati,

ma la mia anima, Madeleine,

anela i monti scoperti della luna.

Madeleine, il tuo nome segreto

trascina cavalli stanchi,

Madeleine, dalle corse battute nel tempo

ad assalire fiumi di torbide lontananze.



(II)

Madeleine, sulle tue cosce

tinte di sole caduto

cresce un sole di riso vagabondo

aspettato dietro le porte

chiuse della notte.

Aspettato, Madeleine, aspettato

in una fuga di pensieri inquietati

dalla lenta agonia del giorno.

Madeleine,

Madeleine,

Madeleine,

sappi mentire i frammenti di piacere

sparsi sotto le galassie dell'amore

che non si compra

perchè è solo come il morire.

Madeleine.




(III)

È mio il ricordo d'un cielo di vetro

sopra le ansie nude delle danze,

Madeleine.

È mia la stagione che non porta

fiori alle acque polverose della Senna

ma ardori di sabbie salate,

Madeleine.

Madeleine, non toccarmi con parole luminose

che scavano solchi profondi

nel cuoio della memoria,

Madeleine, la Coupole ha il suo cielo di vetro

e le sue cocottes che bevono rhum

per barattare la sorte dell'amore.

Noi abbiamo ansie compagne delle danze

che non mutano i ritmi della vita, Madeleine,

i ritmi stonati della vita.



Quando verrà una generazione nuova


Quando verrà una generazione nuova

che sappia cosa fare della vita

bisogno non ci sarà di guardare la tristezza

appesa ad un muro bianco.



Quando verrà una generazione sincera

che avanzi senza odio

senza vendetta

non si parlerà di speranze tradite

a lacerare questa immagine dell'uomo

come volta di cielo sgomentano

campane a martello.



Se ci sarà una generazione non sconfitta

che abbia armata di remi la coscienza

cesseremo di allineare tombe sui paralleli

dell'est e dell'ovest.

Quelli che ci amarono e gli altri

gli altri che non conoscemmo

in pace li troveremo vicino casa.



Se ci sarà una generazione pacifica

che felice sia per ciò che deve essere

sembrerà assurda la morte

avventata

sulla via del perdono.



Se ci sarà una generazione

come quella che dico

questo tempo di piombo



il dolore che riposa sulla pietra

un segno lontano e indecifrabile

tra gli ulivi luminosi di sole

e l'amore disteso sul verde.



(Da:”Poemi”, 1999)


Poema assurdo dell’amore inattuale

Tempo di luglio correva

conosco luglio dal colore del mare

lo spacco delle gonne

gusto di gelato al limone

Amore questo nome posso darti.

amore per tracciare linee

d'un poema assurdo.

Il crepuscolo cedeva il soffitto

alle stelle la luna schiariva

obliose superfici.

Romanticismo che non rimpiango

adoro soli arsi

piacere di notte nuda.

Ti gettai le braccia al collo

felice di leggere l'assenso

in riflessi di luce che penso

cristalli di rocce.

In quell'albergo ci venisti

per gioia per gioco forse

a rinnovare il tema

dell'amore inattuale.

Tracce d'un poema assurdo

capelli bianchi estraniato

sono il dubbio del non senso

di contro giovinezza del corpo

il tuo respiro trapunto

di suoni astratti nel silenzio.

Ci venisti perché dimentichi

girotondo di navi spaziali

meccanismi d'una scienza impura

questa età in bilico tra ansie e fine

nella decadenza

Itinerario d’ironia burla

dolore tragico dell'attore

battuta stonata del personaggio.

Nelle occasioni raccolsi miele

dei baci le bacche del seno

un desiderio disteso sul corpo

di pesca vellutina.

Se devo chiamarti ancora amore

sei felicità immaginata

questa camera disanimata

il rosario della bocca

le bacche del seno orgasmo

dipanano sussulti di gioia

e timore del giorno che si fa chiaro

pensieri che turbinano nelle strade.

Avevo un canto nel fremito

che non si libera dalla fretta

di dirti t'amo dal rancore

di scialbo mattino.

Come Io squarciagola dei beoni

straripa in un'osteria

canti rivoluzionari e bestemmie

fumo di sigari e sudore.

Voglia avevo di fare ancora

l'amore sentire umore di vulva

rimescolando le carte

d'una giovinezza antica

ripercorsa in vicoli abbuiati

un giro per i bordelli

nel tentativo che si riveli

in mezzo a tanto malagurio.

Dico dove può crescere

un albero una parola

una dimeticanza?

Trovai nelle occasioni

questa tua giovinezza reale

sparire alla prima svolta

e t’amai pure se ripeti

che andrai via domani

quando mi ronda il silenzio

e manchi all'appuntamento dei treni.

Non so cosa scrivere ora

i cavalli bardati consegnano

menzogne si corre il palio

all'avemaria.

Devo finire il poema assurdo

prima che l'alba s’accosti alla serranda.

T'amai così nel sospetto del limite

d'una pace in corrosione

anche quando raccapezzo

sciolte primavere nelle corolle

vento d’autunno in bizzarria.

La pelle bruna

i titilli sesso calura

l'incostanza annodo con spilli

e sensi sullo spartito

non troppo allegro.

Te n’andrai un giorno dicesti

di restare non c'è ragione

che la vita ti cresce nel vento

impollinato di primavera

aria di bosco e cicalio.

Ti pregai di prepararmi al distacco

che della noia non m'accorga

nel temporale di settembre

nel tremito d'ottobre.

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