mercoledì 5 ottobre 2011

LA QUESTIONE MORALE E’ UNA QUESTIONE COGNITIVA , di Angela Giuffrida

LA QUESTIONE MORALE E’ UNA QUESTIONE COGNITIVA



di Angela Giuffrida

Il dialogo tra Paolo Flores d'Arcais e Roberta De Monticelli Controversia sull'etica, apparso sul n. 5/2011 di Micromega, mostra l'impossibilità per le società androcentriche di evolversi razionalmente. Sostenere, infatti, come fa Flores d'Arcais, che la morale non può avere fondamento razionale significa affermare che non c'è ragione per costruire comunità civili, basate sul riconoscimento e il rispetto del vivente umano (e non umano).

Di sicuro la morale non può avere fondamento razionale in un mondo astratto – di pura fantasia - dove essere rispettati o perseguitati, essere liberi o schiavi, vivere o morire sono la stessa cosa dato che il riferimento è un essere immateriale, l'inesistente soggetto del pensiero filosofico. Se, viceversa, l'organismo vivente umano irrompe nel mondo del pensiero, con le sue cogenti necessità e le sue tante possibilità, la morale assume un valore altamente razionale in quanto funzionale alla sua sopravvivenza e alla sua evoluzione. E' così vero che il vivente l'ha iscritta nell'istinto. Se la nostra specie fa eccezione bisogna chiedersi perché, rappresentando la sua disattivazione un serio pericolo.

Certo se andiamo in cerca di una morale naturale come “realtà oggettiva, vera, cogente” alla stregua di “cromosomi morali nel cosmo o comunque nel cuore di Homo sapiens”, se , soprattutto, pensiamo di rintracciarne esempi costanti nelle società androcentriche dove “il furto, l’incesto, l’uccisione dei figli e dei padri, tutto ha trovato il proprio posto tra le azioni virtuose”, come Pascal constatava, difficilmente troveremo una soluzione al problema posto. Se poi ci intestardiamo a ricercare in società siffatte addirittura l’origine razionale dei valori, ci incamminiamo su una strada senza uscita, proprio come Flores d’Arcais. Per nulla impensierito dalla capacità degli animali di distinguere “tra comportamenti-sì e comportamenti-no”, a differenza degli uomini - gli animali razionali per eccellenza -, e dall’infondatezza dei valori che nelle società patrifocali vivono di vita propria, senza un perché, afferma che indifferentemente

“possiamo scegliere il primato del tu, cioè l’identità di ciascuno in quanto è un ‘tu’ per tutti gli altri, in eguale e reciproca dignità, ma possiamo viceversa scegliere di considerare gli altri ‘materia a disposizione’ per l’affermazione della nostra supremazia individuale o di gruppo. La scelta fra queste due possibilità non può essere razionale, è una decisione (benché spesso inconsapevole) in senso puro”.

La tesi della “irriflessività” delle scelte morali ha sbocchi piuttosto bizzarri perché sostenere che decisioni così importanti sono “pure” equivale a dire che scaturiscono dal nulla e che, perciò, vengono prese a casaccio. Per la verità “puro” e “assoluto” sono termini filosofici che non trovano corrispondenza nell’esperienza reale di ogni essere umano, il quale, come tutti i viventi, deve la sua esistenza ad una intricata rete di legami inscindibili con la sua e le altre specie. Purtroppo il sistema di pensiero maschile, che nell’assurda pretesa di essere unico e solo domina incontrastato da alcuni millenni, non prevede i nessi, basato com’è sull'assunzione di dati singoli scorporati dal contesto e fra loro opposti. La rappresentazione del mondo che ne deriva è atomizzata e conflittuale. Questo è il motivo per cui ragione e morale, assolutizzate ed entizzate perché prive di riferimento al corpo che le produce, diventano atomi irrelati, come d’altronde lo stesso individuo che, nell’errata percezione di un isolamento inesistente, ritiene di poter ricavare unicamente da sé forza e potenza.

La pretesa autonomia delle scelte morali – come d’altronde di qualsiasi altra scelta – deriva dalla parzialità dello sguardo maschile sul mondo. Il non-cognitivismo etico è centrato, infatti, unicamente sull’individuo che opera la scelta, mentre vengono totalmente oscurati tutti coloro che ne subiscono le conseguenze. Da questa angolazione visuale rispettare gli altri o usarli come mezzi è indifferente in quanto affare privato del singolo; d’altra parte la verifica della bontà o meno di ciascuna decisione è resa impossibile dalla cancellazione degli effetti “reali” sugli altri, ma anche su di sé dato che “la logica del prevaricatore se oggi la usate voi domani può ritorcersi contro di voi”.

Secondo me l’unico criterio di verità a nostra disposizione è il confronto con la realtà, la quale nella mente maschile sfuma pericolosamente a causa dell’estrema parcellizzazione che la rende intangibile. Diviso in mille parti antagoniste, lo stesso soggetto conoscente smarrisce la sua integrità di organismo per diventare un occhio che vede il mondo come uno schermo pieno di oggetti da manipolare a piacimento. L’assenza di sapere di sé rende possibile la trasformazione in “oggetti” anche dei viventi umani, considerati “materia a disposizione” per affermare la supremazia. Il pensiero filosofico registra tale defaillance ignorando l’organismo vivente che viene sostituito da un improbabile essere “purificato” dai legami corporei. E’ così che l’inesistente uomo neutro universale, soggetto della politica, rende inefficace qualsiasi tentativo volto alla realizzazione di società civili. Se, infatti, non esistiamo nella mente come organismi singoli e concreti, possiamo pretendere di essere riconosciuti e di vedere praticamente soddisfatte le nostre esigenze? Assicurare diritti ai fantasmi è impossibile per il semplice motivo che i fantasmi non hanno diritti da far valere.

Il valore primo da difendere è che condividiamo tutte e tutti la stessa condizione in quanto viventi. L’uguaglianza nella dignità deriva dal riconoscimento dell’integrità-unicità-autonomia dell’organismo vivente e dall’attribuzione del giusto valore alla vita che, lo sappiamo, nelle società androcratiche non ne ha alcuno. Se il soggetto del pensiero è l’organismo con le sue necessità e le sue possibilità, la morale e la ragione non appaiono estranee e addirittura antinomiche. Il fine di ogni vivente è vivere, perciò non è difficile capire che comunità basate sul riconoscimento e il rispetto sono in grado di garantire meglio la vita ai propri membri e di contribuire a mantenere la specie sul pianeta il più a lungo possibile. E’ invece sotto i nostri occhi l’universale debacle delle comunità organizzate da individui il cui unico scopo è inseguire un potere che non hanno. I furbi, ai quali nelle società patricentriche viene attribuita un’intelligenza acuta e penetrante, stanno mettendo in serio pericolo la sopravvivenza della specie di cui pure fanno parte e la vita stessa sul pianeta che li ospita, a causa dell’angustia della loro mente.

La morale è la più alta forma di assicurazione sulla vita, quindi non può non essere razionale. La vera razionalità è funzionale alla vita. A generarla è una dimensione affettiva evoluta, la sola in grado di rendere razionali idee ed azioni. E’ corretto affermare, come fa Roberta De Monticelli, che non si può “contrapporre la ragione alle emozioni, al sentimento, alla passione”. Pensiamo proprio perché siamo viventi e senzienti. La natura, la corporeità, l’affettività opposte dagli uomini alla ragione sono, invece, ciò che la rende possibile. E’ giusto anche introdurre nella nozione di ragione l’esperienza. La mente, infatti, è un processo del corpo biologico che trasforma l’esperienza in pensiero. L’empatia e il rispetto sono faticose conquiste mentali dovute soprattutto alle esperienze di riproduzione e di cura della vita, preziose perché assicurano la conoscenza di sé e dell’altro. Conferme a tal proposito arrivano da ricerche condotte in tutto il mondo da autorevoli scienziati che situano le attività di cura alla base dell’evoluzione cerebrale. Purtroppo tutte le società androcentriche, senza eccezioni, sono basate sullo sfruttamento del lavoro di cura. La sua collocazione in un mondo a parte - privato, inferiore e di pertinenza esclusivamente femminile - ha precluso agli uomini quelle esperienze affettivo-cognitive adatte a sviluppare una mente aperta e contenitiva, in grado di cogliere la ricchezza e la complessità del reale.

La questione morale è, dunque, una questione eminentemente cognitiva, è l’estrinsecazione di categorie mentali parziali e riduttive. La diffusione capillare del binomio irrazionalità-disumanizzazione nelle comunità in cui viviamo, ne costituisce la prova provata. Flores d’Arcais ha ragione quando afferma che è impossibile convincere chi non crede nella bontà dei valori di uguaglianza e giustizia, perché i ragionamenti non bastano a chi non ha sviluppato una conveniente apertura mentale. D’altronde, come può egli persuadere chicchessia se, per primo, non vede l’intima razionalità di tali valori e sostiene che “tra chi afferma l’eguale dignità di tutti e chi la nega…è possibile solo la guerra”? I valori non scaturiscono, io credo, da una imposizione violenta e dall’alto, ma dal sostegno all’evoluzione razionale delle menti.

5 ottobre 2011

Superrealisticallegoricaforismando, di Nadia Cavalera

Aforismi da "Superrealisticallegoricamente" di Nadia Cavalera

La superrealtà? è l’anima dell’universo: pura materialità di cervelli in rete allegorica tra  loro. Hanno infinite dimensioni, forme e ubicazioni, e rappresentano tutte le possibilità: la fusione dei contrari

La materia è massa di spazio esteso, in vincolata mutazione, nel tempo

La massa è l’insieme degli elementi che compongono una specifica materia

Il cervello è la logica matematica che presiede ad una qualsiasi entità materiale

L’anima dell’universo è l’autocoscienza del tutto di procedere secondo evoluzione

L’evoluzione è il processo infinito del finito

Il finito è frammento dell’infinita mutazione di cui abbiamo coscienza ma non scienza

La creazione è infinito spettacolo vissuto

Gli scarti del creato non rompono l’armonia. Sono previsti, anzi auspicabili

La bellezza è produzione di scarti

La vera arte è esaltazione degli scarti, del difforme alla ricerca di una forma, da superare: il resto è, più o meno capace, imitazione

Ogni parte della natura, dell’universo, delle galassie dispone di un cervello, anche infinitesimale

L’attività del cervello ha ritmi diversi, secondo lo specifico in cui opera

Due le facoltà principali del cervello: registrare e progettare

L’attività principale del cervello è progettare, che vuol dire utilizzare i dati in possesso per impostarne e consentirne un’evoluzione. Il cervello, nella veglia, la svolge per un’entità specifica, nel  sonno, per la specie d’appartenenza della medesima

Durante il sonno, il cervello passa in rassegna, per tenerli vivi e verificarli, i miliardi di dati e immagini, a sua disposizione, ab ovo, e,  associandoli variamente, li compone in film, cortometraggi, telenovelas, videoclip,  che gli uomini, quando ne portano allo stato di veglia qualche spezzone, chiamano sogni

Gli esseri viventi arriveranno a non avere bisogno di dormire quando il cervello acquisirà la competenza di svolgere le sue due funzioni principali contemporaneamente

Il sonno è la sospensione della vita, un suo rallentamento che deve permettere al cervello, libero dall’attività vigile del giorno, di immagazzinare, con verifiche,  i nuovi dati acquisiti e di tenere in attività i già registrati nei milioni di anni, onde  evitarne la perdita (: la memoria diminuisce se non si esercita e già i latini lo sapevano)

I sogni, sia notturni che diurni, non  sono facoltativi, ma assolutamente indispensabili alla vita, in quanto costituiscono la facoltà progettuale del cervello, quella principale, con cui, utilizzando la memoria genetica, esso costruisce a piccoli passi lo sviluppo dello specifico in cui è inserito

Nella memoria di ogni individuo è compressa tutta la vita del suo albero genealogico (: sino al pitecantropo, ancora più indietro: in un immenso oceano)

Le straordinarie numerosissime sceneggiature che il cervello attua di notte  passano dinnanzi a noi resi inerti dal sonno e solo ogni tanto cogliamo e riportiamo nel giorno qualche spezzone di filmato che ci ha particolarmente colpito, perché è la risposta a un qualche nostro quesito, l’allegoria di un nostro vissuto quotidiano

Nascono così le rassegne infinite di ogni notte che ripercorrono la dinasty di quell’entità e che gli uomini chiamano sogni

Non ci sono ragioni del cuore che il cervello non conosca

L’amore è il raffinato top della tecnologia cerebrale, finalizzato a rendere accettabili le continue sperimentazioni della vita

Ogni esperienza è una forma di conoscenza, ma non c’è vera conoscenza senza verifica

La scrittura, quando è autentica, costituisce il superbo scalpello del pensiero

Il nostro non è il migliore dei mondi possibili ed è questa consapevolezza la causa dell’infelicità (: potevamo essere più fortunati!)

La vita è gettito di energia materiale con un timer  interno geneticamente determinato. Va ad esaurimento, se non viene bloccata anzi tempo

La morte prematura, normale forse per minor consapevolezza tra gli altri animali, lascia tra gli umani un rimpianto nell’aria, una nostalgia di ciò che non è stato, una dolorosa presa d’atto dello spreco registrato, nel cammino evolutivo

Anche gli alberi hanno un cervello e delle emozioni: se feriti duramente, muoiono

Gli alberi sono come noi, a tempi identici, solo a ritmi diversi.

Le stagioni sono indispensabili perché si possa compiere nella natura, a cerchi concentrici, ciò che si compie nell’uomo (: è una storia di registrazione e elaborazione dati)

I sentimenti, le emozioni sono semplici tecniche del cervello per fissare meglio dei dati

Ogni esperienza è una forma di conoscenza, esaltata negli umani dalla scrittura che, quando è autentica, costituisce il superbo scalpello del pensiero

 Le straordinarie numerosissime sceneggiature che il cervello attua di notte  passano dinnanzi a noi inerti e solo ogni tanto cogliamo e riportiamo nel giorno qualche spezzone di filmato che ci ha particolarmente colpito, perché è la risposta a un qualche nostro quesito, l’allegoria di un nostro vissuto quotidiano

La coscienza è la somma biologico-meccanica di più consapevolezze circa una data realtà esterna o interna che ci interessi

L’abitudine è il costringersi a ripetere nella vita sempre i riti fisici o mentali che riteniamo ottimali nella nostra evoluzione e non vogliamo quindi che cambino (: pavida pigrizia comoda)

Per cause ancora da stabilire può accadere che alcuni dei tantissimi dati in possesso del nostro cervello scivolino dal suo dna ed emergano nella coscienza di taluni dando luogo al cosiddetto paranormale

La telepatia è una delle nostre antichissime capacità, poi perse, e che talora affiorano dai fondali della nostra memoria in circostanze e soggetti particolari

Le allucinazioni naturali o provocate sono disfunzioni cerebrali per cui frammenti di deposito memoriale brillano alla coscienza

Col tempo non c’è alchimia che non possa essere possibile

Conoscere è consolidare, nel senso che si richiamano, rinforzano e arricchiscono i ricordi compressi nel nostro dna ed appartenenti ai nostri predecessori, ab ovo (: copie diverse, parvenze di esemplari già in nostro possesso, di tutti i nostri avi). L’esperienza fornisce fatti che si possono cogliere solo nel movimento

La cosiddetta anima è l’autocoscienza del cervello di funzionare adeguatamente e quando questo si spegne è l’ultima a mancare

Anche gli animali hanno una coscienza e solo la scrittura è l’unico discrimine con gli umani

La vita è totale continuo movimento: tensione verso l’evoluzione: spasimo e goduria di una infinita attesa

L’egoismo è la sana pulsione all’autoconservazione per garantire la specifica evoluzione

La morale è l’egoismo rispettoso degli altri egoismi

Felicità è la libertà di vivere secondo morale

Libertà è la felicità di vivere secondo morale

La speranza è la tensione continua di vivere nella felicità della libertà morale

La fame di potere è coscienza spiacevole dei propri limiti specifici associata ad ansia spasmodica di superarli, ma solo  nel condizionare le evoluzioni altrui
Il finito è frammento dell’infinito di cui abbiamo coscienza ma non scienza

L’evoluzione è il processo infinito del finito

Il dio della chiesa è immorale: ha permesso e permette tutti gli sconci possibili frenando il trionfo dell’etica

Antipatica è quella persona specchiandoci nella quale scopriamo il dramma da cui vorremmo fuggire (: preferiamo distrarci)

Simpatica è quella persona che coccola le nostre pie false illusioni

Per troppi  medici ormai il massimo dell’etica è ignorarla

Alcune scuole sono tombe di cultura vera in cui s’imbozzolano i fallimenti di docenti che si autoconvincono del contrario

La privacy è l’ultimo stratagemma dei potenti per gabbare gli impotenti